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C’e una prima volta anche ter Raina Kabaivanska

C’è una prima volta anche per Raina Kabaivanska. Un musical sul lettino del dottor Freud. Il celebre soprano bulgaro che si affermò sulle onde melodiche di Puccini, l’artista laureata in filosofia, la cantante che sa anche recitare, 43 anni di luminosa carriera, si tuffa nell’esperienza del musical: lunedì prossimo parlerà di «Lady in the dark» di Kurt Weill, che il 22 maggio, con la direzione di Steven Mercurio e la regìa di Giorgio Marini, andrà in scena all’Opera (e sarà anche la prima volta per Roma). Coprodotta col Teatro Massimo, la commedia musicale ha avuto il suo debutto un anno fa a Palermo, per la doppia festa di Weill (nel 2000 erano 100 anni dalla sua nascita e 50 dalla morte). A Roma ci sono due novità importanti: «Lo spettacolo - racconta Raina - non sarà più nell’originale inglese ma in italiano, poi il palco é più vicino al pubblico, e si tratta di novità importanti per la comprensione di uno spettacolo difficile come questo». «Lady in the Dark» appartiene al periodo americano di Weill, l’età di Broadway. Il musicista lasciò la Germania nel ’37 per le leggi razziali, in USA arrivò sulle ali del successo colto con Brecht in «Mahagonny» e nell’«Opera da tre soldi». Il musical porta firme importanti, il libretto bizzarro, tra alta moda e psicoanalisi, del commediografo Moss Hart, i songs di Ira Gershwin, fratello di George Gershwin. Nel ’44 ci fu la trasposizione cinematografica con Ginger Rogers e Ray Milland. é uno spettacolone con 60 artisti tra attori, cantanti, ballerini che seguono le indicazioni coreografiche di Misha Van Hoecke.

Raina non canterà con la voce impostata, «con Weill non avrebbe senso, lo stile é un matrimonio tra quello di un grande compositore politico e l’autentico musical all’americana. Le melodie sono orecchiabili, ma é un musical molto parlato». Giorgio Marini dice che, più che un musical, é una commedia sofisticata con musiche.

A Palermo fu un successo pieno. Resta, però, l’azzardo: «Ci sono battute spiritose ma datate, citazioni su Hemingway, Toscanini e vari compositori russi, tutto é complicato, enigmatico, e difficile, ci sono delle barriere linguistiche tra le strofe a volte paradossali e surreali di Gershwin con delle acrobazie vocali che ricordano ciò che fece Boito nel "Falstaff" di Verdi. Qui si divertono a scrivere 7 strofe con la "z" e 7 con la "x", tanto per dirne una. E poi il libretto, dominato dalla psicoanalisi, argomento di gran moda negli anni ’40 ma oggi il lettino é a portata di tutti». E lei, é mai andata in analisi? «No, grazie, non fa per me. Lasciamo liberi gli abissi e non tirare fuori i guai. Il nostro mondo ha la mania di giustificare tutto, ammazzi tuo padre e salta fuori Freud».
Raina sarà Liza, sembra una donna in carriera, in verità é una poveretta che non riesce a dare affetto e riceverne, «perché ha avuto una madre bellissima che l’ha resa piena di complessi». Si dà alla moda (l’abito come proiezione di ciò che vorrebbe essere) dirigendo in modo austero una rivista femminile, in una «non partecipazione segnata da crisi di panico che la porteranno dallo strizzacervelli. é una psicoanalisi lontana e di maniera, che abbiamo cercato di sdrammatizzare: negli anni ’40 la seduta era vista come una possibilità di salvezza miracolosa». I momenti onirici coincidono con i quattro squarci musicali, che Weill considerava delle opere brevi, con un inizio e una fine. L’azione si svolge in un paesaggio astratto alla De Chirico. Ogni sogno si trasforma in un incubo. La scena del circo con i bambini al posto dei nani si trasfigura in una corte d’assise con annesso processo a Liza: l’accusa é di non prendere mai decisioni.

«Lady in the dark» ebbe un successo travolgente (467 recite ininterrotte) l’oblio lo fu altrettanto. Si tratta di un ibrido affascinante. «Il libretto é serioso, la musica é deliziosa», dice la fascinosa Raina.


09.05.2002 - Roma
Autore: Valerio Cappelli
Fonte: Corriere della Sera